Divagación de un confuso pensamiento
Arelys Agostini
Impressioni
 | Angosto el camino al transitar
grandes las botas que pisan la yedra
pequeño el guerrero que observa la vía
me ojea y me habla entre dientes:
.
-¡Dicen que murió el poema! -
.
Me aferro al centro al trastabillar
doble es el filo del abismo
diferente y semejante en altura
no caigo, me frustra el paralelo
del desigual que al mío asemeja
.
Y que opuestos que somos
pero, libres en la tierra de nadie
allá, donde los bordes te llaman
allá, donde el minuto no cuenta
.
Y me envuelvo en paradojas
al escucharlo hablar con cifrada ligereza
Y no sé bien si sus heridas son velas
o las lágrimas salinas negras
.
Pero, quien entiende la agonía
cuando toca su réquiem
que furtiva se disloca
entre adelfas y malezas
.
Me aquieto
lo escucho murmurar
como a un desesperado
.
-Que me regresen al exilio
entre espuelas y cascabeles
no soporto el desdén
de quien se cree un poeta-
.
Agudizo mis sentidos
con mi perplejidad vuelta leña
ya no se quien es el loco
o si es mi mente que le sigue la corriente
.
En este ir y venir
que corre tras las venas
me resigno y le pregunto:
¿Pero quién murió, el poeta o el poema?
.
Se sonríe y se regresa al camino
allá
donde el desigual se me asemeja
.
Divagazioni di un confuso pensiero
.
Stretto è il cammino al transitare
grandi gli stivali che calpestano l’ edera
piccolo il guerriero che osserva la strada
mi guarda e borbotta tra i denti
.
- Dicono che è morto il poema! -
.
Mi aggrappo al centro all’inciampare
doppio è il bordo dell’abisso
differente e somigliante in altezza
no cado, mi frustra il parallelo
del diseguale che a me assomiglia
.
E che opposti che siamo
ma, liberi nella terra di nessuno
là, dove i bordi ti chiamano
là dove i minuti non contano
.
E mi avvolgo in paradossi
a sentirlo parlare con cifrata leggerezza
E non so se le sue ferite sono candele
o lacrime nere saline
.
però, chi conosce l’agonia
quando canta il suo requiem
sa che furtiva si disloca
tra oleandri ed erbacce
.
Mi calmò
lo sento mormorare
come un disperato
.
-Che mi riportino all’esilio
tra speroni e campane
non sopporto lo sdegno
di chi si crede un poeta-
.
Acutizzo i miei sensi
con la mia perplessità frantumata
e già non so chi è il pazzo
o se è la mia mente che ne segue la corrente
.
Nel andare e venire
che corre tra le vene
mi rassegno e gli chiedo:
Ma chi è morto, il poeta o il poema?
.
sorride e ritorna alla strada
là
dove il diseguale mi assomiglia |
Arelys Agostini | Poesia pubblicata il 22/07/14 | 4651 letture
 
 
Nota dell'autore:
«"Se la tua vita arde, la poesia è la cenere"
-Leonard Cohen -»
 
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